La consulte de Caccia
LA CONSULTE DE CACCIA
AVRIL 1755
DELL’ASSEMBLEA GENERALE TENUTA
IN CACCIA LI 21 E 22 APRILE
CAPI Dl GOVERNO Dl GUERRA E Dl TUTTE LE JUSPETTIVE PROVINCIE DEL Dl QUA DA MONTI UNITAMENTE Al DEPUTATI DELLE MEDESIME.
CAPITOLO I
Del Magistrato Supremo, sua instituzione e Dominio.
Avendo noi conosciuto per l’esperienza di molti casi, che i Governi separati ed indipendenti delle Provincie di questo Regno sono soggetti a molti e gravissimi inconvenienti, affine di prevenirli, e di meglio stabilire la pace, l’unione e il buon ordine, abbiamo giudicato espedienti di riunire, comunicare e transferire, siccome in virtù del presente regolamento riuniamo, comunichiamo e transferiamo ad un solo Magistrato, che si chiamerà il Magistrato supremo, il Dominio di tutta l’Isola e la suprema autorità di tutti gli altri Magis- trati e governi Provinciali, li quali tutti dipenderanno dal Supremo Magistrato come membri dal Capo. Ma perchè quanto di autorità si restringe per una pate a di Magistrati Provinciali altretanto si vuole ampliare loro dall’altra, vogliamo che il Magistrato Supremo, che solo avrà il titolo d’Eccmo sia composto dei capi di tutte le rispettive Provincie del Regno, affinchè niuna delle medesime possa dirsi dell’altre o superiore o soggetta, ma tutte insieme comandando e ubbidendo a vicenda, facciano un solo e unico corpo, il quale in tal forma collegato ed unito si renda più fer1110, stabile e forte a maggior sicurezza e tranquillità d’ogni sua Parte.
Il Magistrato supremo dovrà dunque comporsi nella total sua pienezza di dodeci residenti e trentasei consultori presi dalli diversi terzieri e provincie del Regno secondo l’antico ripartimento stabilito nell’elezione che facevasi de Nobili Dodeci, in seguito del quale i due terzeri composti delle 24 pievi che fanno ora la giurisdizione di Corte, eleggeranno otto Presidenti e venti quattro consultori, la provincia di Balagna tre presidenti e nove consultori, la provincia del Nebbio un presidente e trè consultori, riservandosi incorporare a questo nostro Eccmo Magistrato Supremo sei Presidenti e diciotto Consultori della Provincia o Provincie del di Là da monti ogni qual volta voglia concorrere al presente stabilimento, e di tassar quelli che competono al Capo corso, quando si disponga ad unirsi in un corpo con noi. Allorchè questi quarant’otto soggetti saranno tutti convocati e ragunati in qualunque luogo e tempo formeranno il corpo della Nazione, si chiamerà il pieno Magistrato Supremo, avrà l’assoluto e indipendente dominio di tutta l’Isola ; le sue decisioni e sentenze saranno inappellabili ; le sue deliberazioni, stabilimenti e decreti avranno forza di statuto e di legge, purche li dueterzi almeno de’ voti di tutti quei che saranno congregati concorrano in un medesimo sentimento. Che se alcun Presidente o Consultore non potesse intervenire all’Assemblea generale sostituirà in suo luogo un soggetto di carattere uguale al suo, dà approvarsi dall istessa generale assemblea, la quale non trovandolo degno d’approvazione, nominerà alla stessa un’altro in sua vece. Dichiariamo per ciò che dovendosi trattar con qual si voglia Principe di materie appartenenti allo stato, non si possa ultimare e conchiudere verun trattato senza l’intervento e consenso de dodeci aggionti che abbiamo nominati già col titolo di statisti, e dei deputati delle Pievi.
Il pieno Magistrato Supremo dovrà ragunarsi in Corte odinatamente due volte ogni anno, cioè nelli mesi di aprile e d’ottobre per trattare dei publici affari, udire i ricorsi, e provedere a tutti i bisogni occorenti ; e sia incombenza del Magistrato Supremo ordinario fissar la giornata mandar in giro la circolare un mese avanti. Quando però qualche urgenza l’esigga, il pieno Magistrato Supremo potrà ragunarsi in straordinaria convocazione si farà dal Magistrato Supremo ordinario ; ed in caso che egli la trascurasse potrà farsi da trè presidenti, o pur da trè statisti concordi. Il giorno dell’Assemblea generale si formeranno i iuini del Magistrato Supremo ordinario per li sei mesi seguenti, con l’avvertenza che in ogni turno vi sia per quanto sarà possibile qualche soggetto d’ogni terzieri, che però a terzieri di minor estensione non dovrà mai assegnarsi che un soggetto per turno. Se nell’Assemblea generale si trascurasse di formare i sudetti turni, supplirà il Magistrato Supremo ordinario, il quale almen per ora dovrà fare in Corti come in luogo di mezzo la sua residenza, amministrando la giustizia civile criminale, provedendo tutte le occorenze e bisogni.
In qualunque Magistrato cosi Supremo come Provinciale il Presidente non dovrà arogarsi tutta l’autorità, ma in ogni caosa civile o criminale che sia per decidersi, mandati fuor delia sala tutti gl’astanti, il Presidente dirà prima d’ogn’altro il suo sentimento, esponendo le ragioni sopra quali lo appoggia ; ogni consultore farà lo stesso dopo di lui ; quindi piantata l’urna si voterà, e la caosa resterà decisa con la pluralità dé voti. Quando nel Magistrato non saranno che trè Consultori, affinchè nelle decisioni vi sia la disparità di voti, il Presidente ne darà due. Le cause che si decideranno senza votar secretamente nell’urna, si dichiarano ora per allora nullamente decise, non abbiano alcuna forza o validità, sia come se decise non fossero, e la parte che avrà ricevuto la decisione contraria non sia tenuta ad alcuna osservanza della medesima. I Magistrati dovranno aver l’avvertenza di commettere in Leggisti le cause che contengono punti legali, fin tanto che non siano proveduti d’un auditore.
CAPITOLO II
Dell’autorità de Magistrati Provinciali.
I Magistrati Provinciali che lasciamo a suo luogo quanto alle cause criminali, se queste saranno legiere, abbiano facoltà di procedere e condannare, se saranno gravi debbano compilare il processo e mandarlo unitamente col voto loro consultivo al Magistrato Supremo. Quanto alle caose civili, abbiano tutta l’autorità fino alla sentenza ò decreto definitivo, e sua esecuzione inclusive, salva l’appellazione al Magistrato Supremo, per le somme che eccedono cinquanta scudi ; poichè le appellazioni delle cause che non ol trepassano cinquanta scudi, o sia duecento lire, saranno devolute al corpo dei Presidenti della Provincia e di poi in seconda appellazione al Magistrato Supremo ; e le decisioni del Magistrato Provinciale che non eccedono venti lire saranno inappellabili.
CAPITOLO III
Delle facoltà che si concedono agl’auditori.
Essendo stati già nominati per maggior commodo dei popoli gl’Auditori in ttutte le pievi della giurisdicione di Corte, faciamo note ad ognuno le facoltà che lor concediamo, che sono come in appresso. 1° che possano procedere in tutte le caose delle rispettive pievi, giurisdizioni, fino alla sentenza definitiva, decreto che abbia forza di definitivo, e spedizione dei rispettivi loro mandati inclusivamente. Purchè le de caose non siano più antiche di cinquanta anni finiti, e non oltrepassino la somma di lire cinque cento, 2° che possano eleggere uno o più cursori abili per presentare le citazioni, o comandi, o altro pertinenti all’ufficio di cursore, confermando gl’eletti finora e tutto ciò che è stato da essi eseguito : volendo inoltre che di cursori siano considerati e rispettati da ognuno come persone publiche, 3° Che nelle caose ordinarie abbiano l’autorita d’assegnare alle parti colliteganti, senza potersi imputare a vizio di nullità, il termine probatorio di giorni quindeci, prorogabile per altri quindeci, che le prove si ricevano mediane te l’esame da farsi sommariamente alla presenza del Giudice e del cancelliere della causa. Non intendendo poi con questo di abolire l’approvato stile delli articoli interrogatorii che vogliamo s’osservi inviolabilmente qualora le parti o alcuna di esse ne voglia far uso. 4° che nelle caose esecutive contre instromenti esecutivi non ammettano senon ricevute per instrumento publico, o polize di pagamento. Nelle caose sommarie però sia lecito alli prefati uditori procedere e sentenziare « sola inspecta veritate facti » ; che se questa non possa aversi, abbia luogo la fede di due o più testimoni ricevuta da notaro publico, e in mancanza di notaro, da un parroco o. vice-parroco. 5° Che per essere tropo gravoso a di uditori l’esercitare il loro impiego, che è quello di udire, esaminare e decidere le controversie e le liti che insorgono senza il minimo emolumento, concediafacoltà di prendere le loro sportule o propimoloro ne per ogni caosa decisa, o da decidersi per sentenza, o per decreto definitivo, o che abbia forza di definitivo : avuto rìguardo alla somma di ciascuna caosa secondo la tassa seguente, la quale non potrà in minima cosa alterarsi dagl’auditori sotto pena d’esser condannati dal sindicato a misura dell’eccesso che commetteranno, come si dirà nel capitolo del sindicato
Dalle lire | 15 | exlusivè | alle | 25 | inclusive | 0,12 | ,6 |
Dalle lire | 25 | — |
sino alle | 50 | inclusive | 1,5 | , |
Dalle lire | 50 | — |
sino | 100 | inclusive | 2,10 | , |
Dalle lire | 100 | — |
sino a qualonque | altra somma | inclusive | 5,0 | » |
CAPITOLO IV
De Decreti fatti senza citazione di Parte.
Essendosi pratticato talvolta per debolezza di qualche Magistrato di fare ordini e decreti senza udire ne citare le parti : abuso che oltre l’esser contrario alle leggi divineedumane, si tira dietro delle perni- ciose conseguenze, e volendo noi porger non meno rimedio al passato, che riparo al futuro, proibiamo sotto ogni pena a noi arbitraria, a qualunque giudice o Magistrato la concessione e l’uso di tali decreti, ed inoltre dichiariamo nulli ed invalidi, di niuna forza e valore tutti gl’ ordini e decreti, sentenze, o mandati, che senza aver prima citata la parte sono stati fatti, o conceduti per lo passato, e che si faranno o concederanno per l’avvenire da qualsivoglia giudice o Magistrato, compresa eziamdio la nostra assemblea o consulta generale : assolvendo siccome assolviamo ora per allora dall’osservanza di simili ordini, decreti, sentenze, o mandati tutti quelli contro de’ quali sono stati fatti o conceduti per lo passato, si faranno o concederanno per l’avvenire : volendo che si abbiano come se fatti non fossero senza altra dichiarazione. Inteso pero che se tali ordini e decreti fossero stati emanati o si emanassero contro i sospetti di fuga, abbiano in tal caso anche senza citazione di parte tutta la sua validità e fermezza.
CAPITOLO V
Del Sindicato.
Tutti i Magistrati, giudici e Cancellieri, niuno eccetto, siano soggetti al Sindicato, che si farà riguardo al Magistrato Supremo e all’auditori della sua giurisdizione in Corti ogni sei mesi, da cominciarsi detto Sindicato il giorno appresso che sarà terminata la generale assemblea, che è stata fissata nei mesi di Aprile e d’Ottobre ; e riguardo alli Magistrati Provinciali debba farsi nelle rispettive loro Provincie poco prima e poco dopo la detta assemblea generale. Il Tribunale del Sindicato dovrà comporsi di quattro sog- getti uno della giurisdizione che era di Bastia, l’altro della giurisdizione ch’era di Corti e d’Aleria, il terzo di Balagna, il quarto di Nebio. Dichiarando che in qualunque giudicio di Sindicato non debbano dar voto che trè dei suddetti sindicatori, dovendo restar escluso dal votare il Sindicatore Provinciale nelle cause della propria provincia o terziero. L’autorita de’ sindicatori si estenda ad obligare i suddetti Magistrati giudici e cancellieri a restituire tutto ciò che avessero preso indebitamente, e condannarli ad una pena arbitraria, inclusa la privazione dell’ufficio, giusta la qualità del lor delitto, per tutte le trasgressioni che faranno contro il presente regolamento e contro il nostro Statuto e leggi. Ed in ordine agl’auditori ecclesiastici, se verranno ricorsi contro di loro, dovranno avvisargli se vogliono comparire a giustificarsi, e non comparendo e non giustificandosi li priveranno dell’ ufficio.
CAPITOLO VI
Dell’esiggenza della tassa.
I disordini pur troppo noti che nascono nelle spedizioni di truppa collettizia, la quale sotto pretesto di non esser pagata, commette delle insolenze che i loro capi non possono sempre impedire, han fatto desiderare ad ognuno la formazione d’un corpo di truppa regolata, da cui possa esiggersi una maggior subordinazione. In sequela di ciò si è cominciato a stabilirla, e perchè è necessario un fondo per la sua sussistenza, si è imposto la tassa di due lire a fuoco. I popoli però non potranno godere, il beneficio che per mezzo di tale imposizione lor si procura, se a sodisfarla non si mostran più pronti. Per risolversi ad una maggior puntualità debbono essi riflettere che non v’è popolo al mondo che non paghi il dazio che nonve n’e forse alcuno che lo paghi cosi leggiero : che tutto s’impiega per proprio lor utile, vale a dire per mantenere una truppa che gli sgravi da molte marchie, gli liberi dalle soverchierie solite a pratticarsi dalla gente collettizia eseguisca la giustizia, custodisca il castello di Corti e la Torre dell’Isola di tanta utilità al Publico. Debbono riflettere inoltre alla providenza che daremo nel seguente capitolo per la fidele amministrazione del denaro publico. Essendo noto a ognuno che i capi non se ne appropriano la minima parte, servendo essi la Patria nelle spedizioni, ne’ governi ene’ Magistrati senza emolumento veruno, contenti di sofrire continue fatiche, dispendii ed incommodi e di abbandonare i loro domestici affari per acé cudire ai communi, e per procurare al Publico con disinteresse e zelo instancabile la tanto necessaria pace, libertà e sicurezza. Al riflesso di tanti e si giusti motivi esortiamo i popoli ad una più esatta puntualità nel pagamento della lor tassa, che per lor maggior commodo e sgravio si esiggerà in due tempi, cioè una lira all’agosto e l’altra al gennaio da PP. del Commune d’ogni rispettivo paese e da essi si spedirà per un espresso al cassier generale, il quale dovrà far la ricevuta al libro de Conti che terra il Magistrato e questo al paese che l’ha sodisfatta. Che se ciò non ostante vi sarà chi si mostri restio a contribuire la sua tassa, i Padri del Commune unitamente al denaro manderanno la lista degl’impuntuali al Magistrato, e questo, passati quindeci giorni dal mese assegnato per il pagamento, spedirà una truppa di fucilieri per esiggerla doppia da tutti i mancanti in pena della loro impuntualità, quando al loro arrivo non abbino depositato pegno o denaro nelle mani de Padri del Commune. La truppa, che per tale effetto si spedirà in un paese, sarà maggiore o minore a misura del N° maggiore o minore degl’impuntuali, nelle case de’ quali, senza molestarne verun altra, anderanno a mangiare e bevere, fintanto che abbiano sodisfatto la tassa doppia, ò dato un pegno di dupplicato valore. Se gl’impuntuali facessero ostacolo a detta esecuzione, si spedirà un rinforzo di truppa per castigarli. Si pratticherà coerentemente lo stesso nella esiggenza delle condanne, eccettuata la pena del doppio. Intanto sarà cura de’ rispettivi Magistrati spedire una circolare per li paesi di loro giurisdizione, ordinando a Padri del Commune e pregando i Signori Curati che gli trasmettino nel termine d’otto giorni dà che avranno ricevuto l’ordine, una nota con lor fede giurata di tutti i fuochi e mezzi fuochi delle rispettive loro parochie.
CAPITOLO VII
Della sicurezza e buon uso del danaro publico.
Volendo noi provedere alla sicurezza e al buon uso degl’ introiti della Camera, ordiniamo che tutto il danaro che procederà da tasse, da condanne, e da qual si voglia altro introito spettante al Camera, passi immediatamente dalle mani de’ debitori, a quelle del Cassier generale, il quale non potrà dar danaro a chi che sia senza il1 mandato del Magistrato Supremo sottoscritto da uno almeno de’ Revisori de Conti, e che se alcun altro di qualunque grado e condizioneegli sia, ardirà d’ingerirsi nel maneggio del danaro publico senza una speciale deputazione da non farsi giammai che in caso di precisa necessità, lo condanniamo ora per allora a pagar del proprio la mettà di quanto avrà maneggiato, oltre l’esatto conto che dovrà darne. Anzi per troncare la lingua alla maldicenza e far conoscere ai popoli, troppo gelosi sù questo punto, il buon uso che si fà del danaro che pagano, sarà cura de’ Revisori sud’ l’esaminare almeno ogni sei mesi i conti della cassa, far una nota di tutto l’introito e di tuttol’esito, e darne fuori delle copie. Tutto questo s’intenda parimente ordinato per le casse provinciali, nelle quali potrà restare il danaro che si raccoglie nella provincia per provedere a’ bisogni della medesima. E siccome quello sopravanzasse dovrà esser trasmesso alia cassa generale, cosi quello mancasse alle occorrenze della stessa provincia dovrà esser proveduto dalla cassa generale.
Quando qualche introito della cassa consistesse in grano, castagne, o altri generi, i Revisori de conti avranno la cura di non farlo passare per molte mani, ma per quanto sia possibile, i fucilieri o altri creditori della Camera li riceveranno dalle mani de’ debitori. Se ciò non potrà essere del tutto eseguibile, i medesimi Revisori con tutta la loro attenzione si adopreranno per trovare i mezzi efficaci di assicurare i di generi, in modo che non siano fraudati da alcuno, ne amministrati da persone autorevoli, dalle quali sia difficile esiggerne conto. E intanto diamo lor facoltà di obbligare a conto strettissimo coloro che li maneggeranno, e trovandoli in frode condannarli o a restituire il doppio, o ad altra pena arbitraria. Sottoponendo ad ogni pena a noi arbitraria gli stessi Revisori de’ Conti, se ò non castigano con rigore i Ministri infedeli, o non li denunciano a noi. Riservendoci noi intanto la facoltà di fare o per noi stessi, o per mezzo
di qualche deputato una straordinaria revisione di Conti, qualor ci sembri opportuna. CAPITOLO VIII
Della militar disciplina da osservarsi nelle marcie.
Essendo nostra intenzione che i popoli restino liberi da quei disordini per togliere i quali si è imposta la tassa, ordiniamo che i fucilieri pagati, per qualunque spedizione si mandino, quando non si permettesse loro maggior licenza dal loro capo in castigo di qualche fatto, non possano pretendere dai paesi per dove passano che il semplice alloggio, sotto pena d’esser cassati, e puniti a misura della loro insolenza. Che se fosse necessaria qualche spedizione straordinaria di gente collettizia (che senza una precisa necessità non dovrà ordinarsi giammai) avrà questa da contentarsi di due pasti al giorno, ovvero di sei soldi in vece d’un pasto, ricevuti li quali il fuciliere non potrà esigere altra cosa da verun altro, ne potrà entrare in veruna casa senza esservicondotto dal Podestà o altra persona publica sotto pena d’essere severamente punito. In caso che i fucilieri ricevano i sei soldi in vece d’un pasto, i Padri del Commune li faranno provedere a giusto prezzo di quanto domandano col loro danaro. Esortiamo però i fucilieri a contentarsi di ciò che loro vien dato da i loro albergatori, e questi altresi a trattarli discretamente.
Si avvertono i Signori Capi di guerra che marciando a Magistrati, alle Consulte, o per altri publici affari, non conducano maggior N. di fucilieri di quello è necessario per loro accompagnamento : che in qualunque marcia tengano i loro fucilieri in disciplina ed in freno ; non permettendo che esiggano dai paesi ove alloggiano più di quello si è stabilito qui sopra : E se faranno aggravio, soverchieria ed insulto a chi che sia, dovranno o castigarli o denonciarli al Magistrato Supremo, di cui sarà cura il punirli. E sopratutto faranno rispettare i Religiosi e non graveranno soverchiamente i loro conventi, dove si commettono talvolta insolenze cosi scandalose che ci tirano addosso i divini castighi, poichè servendosi i Religiosi delle armi spirituali assai più terribili delle nostre, dobbiamo astenerci di provocarle. Che se alcuno Capo non castigherà o denunciarà al Magistrato i fucilieri insolenti che ha sotto i suoi ordini, allorchè glie ne sia fatto un giusto ricorso, se il medemo sarà fatto al Magistrato Supremo, il Capo che si sarà mostrato indolente sarà condannato egli stesso a rifare del proprio i danni cagionati dall’ insolenza de suoi fucilieri in pena d’averli spalleggiati contro il dovere.
A tutti i fucilieri cosi pagati come collettizii in qual si vogliano spedizioni, ancorchè fatte in castigo de Rei oper devastare i loro beni, si proibisce l’appropriarsi armi, munizioni o altra minima cosa per qualunque motivo, colore o pretesto, quando non fosse lor conceduto il sacco ; e contravenendo a ciò, siano tenuti a restituire il doppio, e siano castigati come ladri, infrattori della militar disciplina, e perturbatori del buon ordine, ad arbitrio del Magistato. E l’istesso s’intende se ardissero di fare qual si voglia insulto, incendio o devastazione senza un ordine espresso del lor Capo Superiore, dovendo restar persuasi che sono
mandati per castigar l’insolenza, i disordini, e le ingiustizie, non già per commetterne. CAPITOLO IX
Della pena stabilita contra i fucilieri mancanti.
Non potendo sempre la truppa pagata compire a tutte le marcie necessarie a farsi per li bisogni occorrenti, ci troviamo spesse volte obligati d’intimarle a popoli, ma perchè alcuni di questi sotto vani pretesti per mera indolenza ne trascurano l’esecuzione a gravissimo pregiudicio del ben publico, che per loro mancanza non può ricevere quelle providenze che se gli destinano, imponiamo la pena di lire cinque a tutti i fucilieri che essendo comandati a marciare non ubbidiscono : volendo che questa pena sia raddoppiata in caso che le marcie s’ordinassero per la diffesa della Patria, o in provincie lontane. Occorrendo dunque di far qualche marcia, il Magistrato manderà in giro fa circolare a i Commissarii, o Capi d’armi delle pievi o delle communità giusta il solito, e questi, fatta la nomina o l’estrazione de fucilieri, la faranno loro intimare sotto la pena suddetta, deputando un capo della sua respettiva pieve o Communità, questo capo farà la lista de’ fucilieri nominati, ed incontrato il capo supremo di quella spedizione glie la presenterà. Detto capo supremo passerà la sua revista di tutta la truppa destinata a servire sotto i suoi ordini, formerà di tutti i mancanti una nota e la spedirà al Magistrato, il quale, quanto prima potrà, farà esiggere la pena da i fucilieri mancanti. Se alcuno di questi sarà impedito, esporrà l’impedimento al suo commissario o capo d’armi, che riconoscendolo per legitimo deputerà un altro in suo luogo, non riconoscendolo tale gli rinnoverà l’ordine della marcia. Al commissario o Capo d’ar- mi, communità o Padri del Commune a quali fosse indirizzato l’ordine della marcia, e non l’eseguissero, per loro pure imponiamo la pena di cento lire, oltre la privazione dell’Ufficio ad arbitrio del Magistrato, quando non si giustifichi pienamente avanti di lui.
CAPITOLO X
Delle pene stabilite contro i rei d’omicidio.
Benchè tutte le leggi umane e divine si accordino a condannar l’omicidio, massimamente appostato, come il più enorme ed esecrando delitto, egli non di meno per fatal disaventura di questo Regno vi si è reso costante, famigliare, che vi si commette per li più leggieri motivi. La vita d’un uomo, che sulla terra è l’opera massima del braccio onnipotente d’un Dio, si distrugge tal volta per un vile interesse, per un capriccio, per un sospetto. Intanto sono conseguenze funeste d’un si orrendo disordine il discredito della Nazione, per tal motivo considerata dal mondo per una delle più barbare, l’incoltura delle campage e del traffico la negligenza delle scienze e dell’arti, le immicizie, vendette e le stragi, che si tirano dietro la decadenza delle famiglie, la distruzione delle provincie e lo spopolamento dell’Isola, mali tutti che avendovi regnato per molti secoli vi hanno sparsa un orribil desolazione, un perenne dilapidamento.
Ma per ben curare una malatia non basta conoscerla, fà d’uopo altresi scoprirne l’origine per potervi applicare confacenti i rimedii. Trè sono le cause che hanno familiarizato in Corsica l’omicidio : la prima un pregiudicio di mente che fà punto d’onore il risentimento, falsamente credendo che sia viltà di cuore il tollerare un ingiuria, e cher per disimpegnare l’onore oltraggiato sia necessario lavarne la macchia nel sangue dell’ offensore. La seconda è l’impunità che l’omicidio vi ha sempre goduto. Ognun sà che l’antico Governo per una crudele indulgenza non puniva quasi mai con pena capitale i rei d’ omicido. D’ordinario si assolvevano i facoltosi, si bandivano i miserabili. Il bando però era per questi più tosto una fortuna che una disgrazia, Esiliati dall’ Isola, trovavano nella Dominante l’assilo, il soldo, e bene spesso l’avanzamento ai primi gradi della milizia, quindi assoluti per grazia si restituivano pomposi e trionfanti alia Patria : oggetto d’invidia a’ malvagi, fomento di novelle stragi a i nemici. Tolto donque in Corsica il timor del gastigo, che è quasi l’unico freno che tenga in dovere la maggior parte degl’uomini, ed aggiontovi ancora l’allettamento del premio, qual meravigla che gl’omicidii vi si rendesser frequenti ?
La terza è un errore del volgo che credea la vendetta un mal necessario in quanto ne impediva un altro più grave. Il Giudice, diceva il volgo, per interessati riguardi non eseguisce la legge che condanna l’omicida alla morte, donque in supplimento del giudice sarà necessario l’eseguisca la parte offesa per reprimer cosi la baldanza de’ malviventi, li quali non essendo ritenuti ne dall’orror della colpa, ne dal timor della pena, riempirebbero il paese di rovine e di stragi se non avessero almeno a temere il risentimento privato.
Per far argine donque all’impetuoso torrente di tanti e si luttuosi mali, sotto l’autorita e gl’ esempii non solamente della legge naturale ed evangelica, ma di quella eziamdio che hanno insegnata e seguita li stessi più saggi ed illuminati Pagani, dichiariamo in 1° luogo che il perdonare l’ingiurie non è viltà di cuore ma vera nobiltà e grandezza d’animo, per cui l’uomo aquista vera gloria ed onore ; e che per l’opposto il vendicarle è una bassezza di spirito che non sà inal- zarsi sopra le false opinioni del volgo : una ignoranza di que’ puri lumi che procedono dalla religione e dalla retta ragione : una mancanza di coraggio che non ha forza di resistere ai sentimenti depravati della corotta natura. Imperciochè se il vincere è maggior gloria che l’esser vinto, chi perdona acquista gloria maggiore di chi si vendica, perchè chi perdona vince l’ira, la più sregolata di tutte le passioni, vince i rispetti umani che sono i tiranni del mondo, vince se stesso, mostrandosi con tal vittoria quell’uomo forte e valoroso che la Divina Sapienza antepone ai Conquistatori delle città. Per lo contrario chi si vendica è vinto dall’ ira, dai rispetti umani e dalle proprie passioni che lo rendonosimile alle bestie feroci, le quali guidar si lasciano dall’ impeto della lor ferina natura. Se ne inferiscedonque da ciò che chi sparge il sangue de’ suoi concittadini non lava ma imbrotta iI) suo onore, ha una falsa bravura, una vera brutalità, perch il vero valore impiegar non si deve che contro i nemici della Patria e della Religione.
Ma poichè per distruggere un pregiudicio profondamente radicato la semplice persuasione è un arma assai debole, stimiamo a proposito in secondo luogo di fulminarlo coll’ autorità della legge. Che però condanniamo tutti quelli che per l’avvenire commetteranno omicidio o per se o per altri, mandando o eseguendo, consigliando o accompagnando in qualonque modo e per qualonque motivo, eccettuata la necessaria diffesa della propria vita ; insieme con tutti i loro figli a perpetuo disonore ed infamia, degradandoli ora per allora cosi gli uni come gli altri da qualsivoglia titolo, impiego, carica, ufficio, dignità, o posto lucroso ed onorifico che possedessero, e rendendoli incapaci di mai più poterne di veruna sorte ottenere : Volendo inoltre che siano soggetti alla medema infamia, degradazione e incapacità le famiglie di tutti co- loro che imparenteranno con essi.
Condanniamo inoltre i rei d’omicidio come sopra, compresi quelli che mortalmente feriscono, alla pena di morte, e non potendoli aver nelle mani a perpetuo bando di vita, e alla devastazione o confisca di tutti i lor beni : dichiarando nulli ed invalidi tutti i testamenti alienazioni e disposizioni in qualsivoglia modo fatte per l’avanti o da rei o da loro antenati in frode della devastazione e confisca.
Il reo d’omicidio non possa esser assoluto giammai per qualsivoglia grazia o indulto generale o particolare, e se qualche giudice o Magistrato l’assolvesse, il suo successore debba dichiarar nulla l’assoluzione, e condannar l’antecessore all’ esilio dal Regno, ed a restituire il doppio di tutto ciò che avesse ricevuto per l’assoluzione, a beneficio della Camera, che se ciò fosse trascurato dal successore, vogliamo che il tutto sia eseguito da Sindicatori. Chionque di qualsivoglia grado o condicione egli sia, farà instanza per assolvere un reo d’omicidio, sia condannato alla pena di scudi 25 fino in 50, o ad un mese di carcere ; e se sara Ecclesiastico, all’ esilio dalla Provincia o dal Regno ad arbitrio del Magistrato Supremo. Cada nell’istessa pena chi traficherà, o commercerà, vendendo, comprando permutando, o facendo società o contratti di qualsivoglia sorte con i rei d’omidio o co’ loro figli. A detti rei non si possa dare giammai veruna sorte di salvi condotti o tuti accessi, salvo che d’imbarco, e questi duraturi un mese, prorogabili per un altro mese : dichiarando nulli ed invalidi quelli che saranno dati, e condannando da scudi 50. sino in 100. quel giudice o Magistrato che li concedesse. Incorra nella medesima pena del bandito di vita chi l’accompagnerà, difenderà, proteggerà, gli darà alloggio, ricetto, aiuto, sussistenza, o favore.
Li rei d’omicidio appostato siano strascinati a coda di cavallo, le loro case spianate da’ fondamenti e non si possano mai più rifabricare, e rifabricate i tornino ad atterrare, i loro alberi siano recisi e vi si semini il sale. I sicarii, gli uccisori di qualche capo dl guerra o di governo, o di qualche Ecclesiastico, ben affetto alla Patria, quelli che amazzano sotto pace o sotto parola, o per vendetta transversale, cadano in tutte le sudde pene ; ed inoltre siano esiliati dal Regno per sempre tutti i lor discendenti e tutti i lor parenti in 1° grado senza speranza di maipiù ritornarvi fino in terza generazione.
Quando succede qualche delitto capitale, ed il reo o sia noto o sia dalla parte offesa indicato, gl’ufficiali del suo stesso paese, Presidenti, Consultori, Commissari, Capi d’arme, Potestà, debbano tutti unitamente accorrere subito alla di lui casa, sforzarne la porta quando non si volesse aprirla, prender l’inventario li quanto in essa si trova, e di quanto mobile o se movente può sapersi ancor fuori di casa, ed il tutto consegnare ai Padri del Commune, o ad altri che facci idonea sicurtà di renderlo agl’ ordini del Magistrato, il quale dovrà giudicare in appresso se debba rilasciarsi, confiscarsi o disporsi d’altra maniera. Quello de sudi ufficiali che non accorresse alla casa del reo prima che la robba sia trafugata, sia condannato da L. 50 in 100 ; se però fosse parente sino in 3° grado del medemo reo cada nella stessa pena se vi accorre. Quelli che ascondessero la robba del reo, oltre il doverla restituire, si condannano a pagar del proprio altretanto quanto vale la robba nascosta.
Li rei di qualonque delitto potranno nominare una, due, fino in trè persone per assistere e difendere le loro cause davanti al Giudice o Magistrato che dovra, giudicarla. Da quest’ infuori non sia lecito ad alcuno benchè amico o parente il comparire a difenderla, e molto meno l’andar girando per procurare impegni e raccomandazioni, per implorare la prottezione o il favore de’ giudici sotto pena di L. 50. o d’un mese di carcere, e se sarà Ecclesiastico di sei mesi d’ esilio dalla Provincia. Niun Presidente, Consultore o Giudice potrà esser nominato per difendere la causa d’un reo. E niuno de medesimi che sia parente fino in 4° grado dell’ offeso o dell’ offensore, o sla deli istesso loro paese, possa aver voce o voto nella causa del reo ; anzi non possa parlare ne pro ne contra, ne trovarsi presente quando detta causa si tratta sotto pena di scudi 50, e sotto pena della degadazione se avvertito dal giudice o dalla parte non si ritira di subito essendo cosa di troppo scandalo che per una particular aderenza cerchi di corromper o tradir la giustizia colui che è stato elletto dal Publico per amministrarla. In tutti i Magistrati dovranno elleggersi uno o due Procuratori de’ poveri per diffendere, proteggere fd assistere i carcerati.
CAPITOLO XI
Dell’elezione de paceri, amichevoli compositori ed arbitri criminali.
Se è bene castigar i delitti, sarebbe ottimo il prevenirli e l’impedir che non seguano. A questo effetto ordiniamo in 1° luogo che in ogni paese si eleggano due Paceri, il cui ufficio sia di accorrere per sedar le differenze e i contrasti che insorgeranno nel proprio paese. Quando alle loro esortazioni le parti neghino di comporsi, se la differenza sarà criminale, abbiano la facoltà d’intimar loro l’arresto in casa, di obligarle a dar parola di non offendersi e di citarle dinanti il Magistrato sotto le pene che stimeranno più proprie affin d’impedire il male ulteriore. Se la differenza sarà civile e non oltrepassi la somma di otto lire, obbligheranno le parti a comprometterla sotto pena del doppio in confidenti comuni, ed il giudicio di costoro ancorchè verbale sia inappellabile, e ciò per non gravare il Magistrato di tali minuzie, e risparmiare a l’itiganti le spese.
Ordiniamo in 2° luogo che per ogni pieve o provincia di quelle che hanno i lor Magistrati provinciali si elegga un numero corrispondente alla loro estensione de più illuminati ed autorevoli soggetti, la maggior parte leggisti ed Ecclesiastici, e sia loro incombenza il procurare le riconciliazioni, le paci e gl’ accordi ; accorrendo dove sia insorta, qualche differenza civile o criminale per comporla ; che però si appellaranno compositori amichevoli. Se non riuscirà loro d’indurre le parti ad accordarsi, o a compromettere in alcuni di loro ovvero in altri confidenti le loro differenze civili, venendo queste davanti il Magistrato, per toglier le liti o minorare le spese, massime trà parenti, potrà egli obbligare ognuna delle parti a dargli una nota di quattro o sei confidenti nominati dal ceto degli amichevoli compositori. Se nelle stesse vedrà che uno di essi sia elletto cosi dall’ una come dall’ altra parte, commetterà in esso la causa. In caso diverso obbligherà ciascuna d’esse parti a sciegliere un confidente dalla lista presentata dal suo avversario, e in questi due commetterà la causa. Il giudicio degli amichevolicompositori sia inappellabile sino alla somma di lire 20 : passando la detta somma le parti potranno appellarsi o al Magistrato Provinciale o al Magistrato Supremo. Quando però la somma non ecceda le lire cento, l’appellazione sia devoluta o al Magistrato provinciale o al corpo di Presidenti di detta provincia. GF amichevoli compositori in caso di discordia abbiano la facoltà di eleggersi un terzo del loro ceto, anche senza consenso e saputa delle parti.
Da una scintilla trascurata sorge talvolta un incendio. Accade sovvente che in qualche rissa o contrasto resta taluno gravato. Si tratta subito la riconciliazione ; ma perchè di rado si pensa ad obbligar l’offensore a dar sodisfazione all’ offeso, questi se la prende di propria autorità, talora sotta pace o parola, e sempre con closa alterata. L’avversario si studia a rendergli la pariglia ; ed ecco moltiplicarsi gl’inconvenienti che per lo più son funesti. A riparo di ciò ordiniamo in 3° luogo che in ogni pieve o provincia si elegga un numero competente di secolari de’ più saggi ed accreditati, cui potrà darsi il titolo d’arbitri criminali. Ufficio di questi sia il tassare le sodisfazioni che gl’ offensori debbono dare agl’ offesi. Quando taluno avrà ricevuto un ingiuria, e che non avendo tanto capital di virtù e di vera magnanimità per perdonarla, si dichiari di volerne sodisfazione quelli che trattano la riconciliazione ordineranno all’ offensore e all’ offeso, che dal ceto degl’ arbitri criminali eleggano i lor confidenti nellamaniera che s’è detto degli amichevoli compositori. Ciò fatto, le parti produranno le loro ragioni davanti agl’arbitri criminali, li quali, avuto riguardo al motivo dell’ingiuria, alla qualità delle persone, e ad ogni altra circostanza, tasseranno la sodisfazione che !’ offensore deedare all’offeso ; e data che sia, s’intenda perfettamente resarcito l’onor dell’offeso. Che se alcuna delle parti o negasse di eleggere il confidente, o non volesse contentarsi di ciò che è stato tassato, il Magistrato in tal caso, se la ritrosia proviene dall’ offensore, proceda contro di lui a tutto rigore di giustizia ; se dall’ offeso gli minacci una severa giustizia, e l’eseguisca s’egli ardisce di prendersi la sodisfazione di propria autorità. Sia cura intanto de capi di guerra il distendere in generale una qualche instruzione che posso servir di norma agl’ arbitri criminali per
applicarla ne casi particolari. CAPITOLO XII
Degl’Inquisitori e loro autorità.
La sicurezza commune quanto è più importante della privata tanto più impegna la nostra attenzione. E pur troppo noto che in alcune Provincie vi sono degli spiriti torbidi e faziosi, li quali non attendono che l’opportunità per intorbidare e sconvolgere la publica tranquillità. Spiriti sedotti ed amaliati da una ceca e furiosa passione, che gli trasporta all’abominevol eccesso di procurare anche col rischio della lor vita e coll’ infamia del lor onore l’oppressione, schiavitù e desolamento della lor Patria. Per invigilare sugl’ andamenti di cotesti sconsigliati, affin d’impedire Ch4 non sussistino nuovi torbidi, e di castigare la loro insolenza in caso che abusandosi della dolcezza con cui gl’abbiamo trattati fin’ ora, si scuoprano rei di maneggi ed intelligenze sospette, abbiamo determinato d’instituire, siccome in virtù del presente instituiamo un Tribunale d’Inquisizione che uniamo per ora all’Eccellentissimo Magistrato Supremo. Membri di questo Tribunale saranno gl’Inquisitori che abbiamo deputati o deputaremo per ogni Provincia o Terziero. Avranno essi l’incarico d’osservar tutti i passi delle persone sospette ; e quando siansi assicurati che terdono ad intorbidare la quiete comune, in virtù della facoltà che lor communichiamo dovranno citarle o vanh di loro stessi, o avanti il Magistrato Supremo a render ragione de loro andamenti.
Se però il lor delitto è di tal gravezza che si possa temer la disubbidienza o la fuga, dovranno farle arrestare, valendosi per ciò del braccio del Magistra- to e di quello de Capi d’arme d’ogni paese, li quali all’ ordine di qualonque Inquisitore dovranno distaccare quel numero di fucilieri che sarà lor richiesto. Un solo Inquisitore, quando gli consti sicuramente del reato d’alcuno, abbia facoltà di condannarlo o a 15 giorni di carcere o a lire 25 di pena, o all’esilio per trè mesi dalla Provincia. Due Inquisitori, se saranno insieme d’accordo dopo aver compilato il processo che conserveranno per render ragione del lor operato in caso che ne siano riconvenuti, potranno condannare o ad un mese di carcere, o a cento lire di pena, o all’ esilio per tre anni dal Regno. Ma se il reato mériterà castigo maggiore, dovrà essere esaminato e punito o da tre Inquisitori a pieni voti o dal Magistrato Supremo sul processo che da qualonque le sia trasmesso.
Gl’ Inquisitori, quando lor piaccia di star secreti, potranno far eseguire i lor ordini, condanne e castighi dal Magistrato Provinciale, il quale sia tenuto all’ esecuzione, manifestando al reo il suo delitto e pena senza palesar la persona dell’Inquisitore. L’inquirito potrà reclamare al Magistrato Supremo, ed in tal caso l’Inquisitore sia tenuto a trasmettergli il processo. Ma perchè gl’ inquiriti non abusino di questa licenza, il Magistrato Supremo, riconosciuta giusta la sentenza fatta dall’ Inquisitori, dovrà raddoppiarla al ricorrente. Gl’ Inquisitori non potendo vigilar eglino stessi da per tutto nomineranno secretamente per ogni paese di sua giurisdizione uno o più sotto Inquisitori, li quali abbiano la stessa incombenza d’invigilare senza altra facoltà che d’informare il lor Principale. CI’ uni e gF altri però per non dar campo all’ altrui malignità e passione, non ammetteranno deposizioni dubbie, sospette o maliziose, e non condanneranno alcuno senza prima avergli fatto processo coll’ esame giurato di due o più testimoni per man d’un Notaro o d’un deputato da loro. Li testimoni se di poi fossero convinti di falsità nella giustificazione che di sè volesse fare l’inquisito, saranno condannati o al marco, o alla bacchetta, o all’ esilio. Gl’ Inquisitori dovranno interdire alle persone sospette i congressi notturni, le secrete combricole, e l’accesso ai Presidii e città marittime, e castigarle se non ubbidiscono. Sottomettiamo ancora al Tribunale dell’Inquisitori i discoli, i ladri, H scahdalosi, i sussuratori, i rissosi, quelli che parlano o scrivono con poco rispetto del’ Governo e degl’ ufficiali del medemo, tutti i malviventi e perturbatori della publica e privata tranquillità : dando lor facoltàdi castigarli conforme si è detto e di citargli dinanti il Magistrato Supremo. E riguardo agl’ Ecclesiastici, secolari o regolari, che costassero rei delle medesime colpe, possano condannarli all’esilio della Provincia, o denunciarli al Magistrato Supremo che potrà se lo meritano esiliarli dal Regno.
CAPITOLO XIII
Dell’ elezione d’un Deputato per pieve
Ordiniamo che ogni pieve del Regnonel termine di giorni quindeci dalla publicazione del presente nomini un deputato de suoi più abili e zelanti soggetti munito delle facoltà necessarie e opportune per poter trattar, concludere e consentire innome della sua Pieve a tutto ciò che bisognerà stabilire nelle occorrenze
chesiachiamato. CAPITOLO XIV
Delle Minière
Sapendosi che in diverse parti di questo Regno vi sono delle miniere di diversi metalli e marmi fini, si dà la sopraintendenza delle medeme al Sigr Giambattista Buttafuoco, il quale avrà l’incarco di far cercare quelle che sono nascoste, e di mettere in uso quelle che sono scoperte, pagando con danaro del Publico tutte le spese che stimerà opportune doversi fare per tal effetto a beneficio della nostra Camera, a cui vogliamo sian devolute tutte le suddette miniere. Promettendo intanto al prefato Sigr Buttafuoco una ricompensa proporzionata all’ attenzione e diligenza che userà in tal’ esecuzione. Notifichiamo inoltre ad ognuno che qualonque persona manifesterà al mentovato soprantendente o ad alcuno de Capi qualche miniera, dandone buoni indici e riscontri, sarà premiato a misura dell’ esito fortunato che avrà la sua scoperta.
CAPITOLO XV
Del libro maestro e confermazione degl’ antecedenti decreti
Diamo l’incarco al Supremo Magistrato di comprare e tener presso di sè un libro Maestro e farvi registrare questo nostro stabilimento con tutti gl’ altri che sono stati fatti e si faranno in avvenire, compresi tut- ti gl’ ordini e decreti delle nostre generali assemblee, quali tutti confermiamo e convalidiamo unitamente col nostro statuto e leggi in tutto ciò che non sarà di contrario al presente regolamento che vogliamo abbia forza e virtù di statuto municipale : l’osservanza del quale siccome d’ogni altra nostra legge e statuto raccomandiamo a tutti i Giudici, Magistrati ed ufficiali sotto ogni pena a noi arbitraria in caso che nella vostra generale Assemblea ce ne venga significata l’inosservanza.