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Divulgossi il gran caso, e quivi tratto
Già ’l popol s’era : Olindo anco v’accorse ;
Dubbia era la persona, e certo il fatto,
Venia, che fosse la sua donna in forse.
Come la bella prigioniera in atto
Non pur di rea, ma di dannata ei scorse ;
Corne i ministri al duro uficio intenti
Vide, precipitoso urtò le genti.


Al Re gridò : Non è, non è già rea
Costei del furto, e per follia sen vanta.
Non pensò, non ardi, né far potea
Donna sola e inesperta opra cotanta.
Come ingannò i custodi ? e della Dea
Con quali arti involò l’immagin santa ?
Se’l fece, il narri. Io l’ho, Signor, furata.
Ahi tanto amò la non amante amata.


Soggiunse poscia : Io là, donde riceve
L’alta vostra meschita e l’aura e’l die ;
Di notte ascesi, e trapassai per breve
Foro, tentando innaccessibil vie.
A me l’onor, la morte a me si deve ;
Non usurpi costei le pene mie.
Mie son quelle catene, e per me questa
Fiamma s’accende, e ’l rogo a me s’appresta.